Domande frequenti

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D1. Questa riabilitazione può essere fatta da qualunque bambino con diagnosi di dislessia?
R1. Certamente. Una volta valutata la presenza di una dispropriocezione attraverso la visita, non vi è alcun motivo perché non possa essere effettuata. Gli occhiali, se ben prescritti, ben costruiti e correttamente portati non danno alcun fastidio e non incidono sulla capacità visiva; gli esercizi da fare a casa sono molto semplici ed il bambino li impara rapidamente. Piuttosto è fondamentale la collaborazione giornaliera di un familiare affinché vigili che vengano fatti gli esercizi giornalmente e che vengano fatti in modo corretto. L’esperienza ci dice che questa terapia riabilitativa sembra funzionare bene solamente quando viene effettuata in tutte le sue componenti.
D2. Gli occhiali sono speciali?
R2. Gli occhiali sono del tutto normali, le lenti sono comunemente usate in campo oftalmologico. La particolarità consiste nella costruzione e nell’adattamento al viso del soggetto secondo regole precise. Se l’ottico non conosce le modalità di costruzione di questo tipo di occhiale confeziona un oggetto che ha scarse possibilità di dare risultati.
D3. Si possono sottoporre a questa riabilitazione anche soggetti adulti?
R3. Certamente. Il soggetto adulto, quando è ben motivato, affronta il “sacrificio” degli esercizi e delle posture molto più facilmente dei bambini. A seconda del lavoro che svolge il soggetto, la possibilità di effettuare totalmente e correttamente la terapia può essere limitata solamente a quando si trova in casa propria. Il risultato terapeutico sembra essere lo stesso.
D4. Dopo quanto tempo si possono vedere i risultati?
R4. Premesso che ogni soggetto è un soggetto a se stante, generalmente, quando la riabilitazione è condotta regolarmente e correttamente, si ha una modifica del comportamento nei primi 2 mesi, successivamente inizia il miglioramento nella velocità e nella correttezza della lettura e ancora successivamente inizia il miglioramento nella comprensione. In genere nell’arco dei 6-8 mesi i miglioramenti devono essere assai consistenti. Se il ritardo nella letto-scrittura non è particolarmente grave, in un anno scolastico spesso si riduce notevolmente il gap con i compagni di classe.
D5. Quali sono le difficoltà per portare avanti questa terapia riabilitativa durante le ore scolastiche?
R5. La maggior parte della giornata viene passata dai bambini a scuola. A scuola viene fatto normalmente il maggior lavoro in applicazione (lettura, scrittura, copiatura, disegno, esercizi vari al tavolino). Per questo motivo è importante che la riabilitazione venga fatta durante queste ore. Il fatto di dover lavorare in applicazione su un piano inclinato anziché sul piano orizzontale del banco (anche un semplice leggio purché di adatte dimensioni) comporta spesso una autorizzazione da parte della scuola. La necessità di mantenere una postura ben determinata al banco, una postura che inizialmente al bambino appare scomoda e comunque non abituale, comporta, in teoria, soltanto una maggiore attenzione da parte del corpo insegnante per fare in modo che il bambino stia a sedere correttamente. Certamente, nella pratica, certe situazioni scolastiche di particolare affollamento o altro, necessitano di una sollecitazione particolare da parte dei genitori del bambino e soprattutto da parte dello psicologo che lo segue.
D6. Questa situazione “particolare” a scuola non determina nel bambino la sensazione di sentirsi diverso?
R6.

Per rispondere a questa domanda dobbiamo essere chiari.

Il bambino dislessico, specie nelle forme un po’ più gravi, è un bambino diverso dai suoi compagni di scuola. Diverso non significa affatto meno intelligente (non ci dimentichiamo che questi bambini devono avere un quoziente d’intelligenza pari o superiore alla media per porsi una diagnosi di dislessia), non significa affatto meno capace, non significa affatto avere meno possibilità di comprensione in generale. Il bambino dislessico, a differenza dei suoi compagni, è un bambino che ha una particolare difficoltà a leggere ed a capire ciò che legge e questo fatto, in genere, lo mette in una condizione scolastica inferiore rispetto ai suoi compagni di classe. Tutto ciò deve essere chiaro innanzitutto al corpo insegnante, ma anche al bambino stesso ed anche ai compagni di classe. Questo è un compito preciso dello psicologo che segue il bambino, e naturalmente anche della famiglia. Scuola, psicologo e genitori devono incontrarsi per concertare una strategia di azione in modo che siano ridotti al minimo certi, comunque inevitabili, disagi.

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La presenza in classe di un artificio come il leggio e la postura da tenere a sedere, sono spesso oggetto di commenti di vario tipo da parte dei compagni di classe. Evitare o minimizzare tutto questo è un compito preciso del corpo insegnate. Non ci dimentichiamo infatti che il compito del corpo insegnante è sicuramente quello di insegnare ma anche quello di determinare, nella classe, le condizioni logistiche, psicologiche e comportamentali migliori per far passare le ore scolastiche nel miglior modo possibile non solo sotto il profilo dell’istruzione. E il dirigente scolastico deve provvedere a vigilare affinché questo accada. L’incontro di cui parlavo precedentemente deve servire anche ad aiutare il corpo insegnante a lavorare in classe in questo senso.

D7. Questa terapia riabilitativa ha una validazione scientifica?
R7.

Prima di dare una risposta a questa domanda è necessario fare chiarezza sul concetto di validazione scientifica.

La dimostrazione scientifica che una terapia funziona si ottiene confrontando, con metodi statistici corretti (e in medicina spesso non lo sono!) un gruppo trattato con una determinata terapia verso un gruppo non trattato, omogeneo e simile e per lo stesso periodo di tempo (gruppo di controllo). Se si rileva una differenza statisticamente significativa nei parametri che ci possono indicare il miglioramento della patologia, allora possiamo dire che il trattamento è efficace verso il non fare nulla. Cioè che il trattamento ha una validità scientifica. Avere una differenza statisticamente significativa significa che i risultati non sono dovuti al caso, almeno per una elevata percentuale di credibilità.

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In base a questo concetto, a tutt'oggi, esiste un solo studio clinico statistico concluso e pubblicato su rivista scientifica che dimostra il miglioramento statisticamente significativo di alcuni test relativi alla letto/scrittura.

D'altra parte numerosi sono gli studi di bakground pubblicati come numerosi sono i congressi negli ultimi anni su questo tema specifico.

Fin dal 1986 si sono succedute varie pubblicazioni su riviste scientifiche su questo argomento, le più recenti sono del 2007. Sono stati pubblicati 3 libri, di cui uno di 400 pagine con 250 voci bibliografiche inerenti al tema trattato. Alla fine del 2005 è terminato uno studio scientifico su un gruppo di bambini dislessici versus un gruppo di bambino normolettori, in Francia con L'Università di Digione, per il quale il Ministero della Sanità francese ha stanziato 38500 euro e che ha prodotto per ora due pubblicazioni che dimostrano come nel gruppo dei bambini dislessici siano sempre presenti segni della disfunzione propriocettica e percettiva, che sono alla base della terapia riabilitativa (Sindrome di Deficienza posturale) ed una che dimostra la capacità di questa terapia di migliorare la letto/scrittura di questi bambini.

D8. Quale è la percentuale di successo?
R8.

Non essendoci a tutt’oggi molti studi statistici pubblicati sull’applicazione clinica di questa terapia, è difficile dare numeri seri e credibili.

Lo studio sopra citato pubblicato nel 2007 dimostra un miglioramento statisticamente significativo su 13 di 16 bambini del gruppo trattato verso i 20 bambini del gruppo non trattato.

L’esperienza pluriennale ci dice però che questa terapia, pur capace di dare degli ottimi risultati nella maggior parte dei casi, presenta alcuni punti “critici”.

Il primo è che se non viene applicato nella sua globalità, la possibilità di successo cala drasticamente.

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Il secondo è che (e questo riguarda sostanzialmente i bambini perché in caso di soggetto adulto il discorso è molto differente) l’applicazione di questa terapia riabilitativa necessita, almeno nelle prime fasi, di un coinvolgimento diretto e assiduo dei familiari, segnatamente della madre. Si deve capire infatti che quello che viene richiesto al bambino è soltanto apparentemente “semplice” e “facile”; di fatto il bambino viene costretto ad un sacrificio, seppur modesto, che lo stanca e lo stufa dopo poco tempo. La presenza attiva della madre, oltre a rinsaldare quel contatto che spesso è molto apparente, gioca un ruolo fondamentale nel condurre con pazienza ed amore il bambino a superare le prime difficoltà ed ad integrare rapidamente il nuovo schema corporeo e comportamentale che viene proposto. Questo è un punto critico perché più spesso di quello che si pensa ci si scontra con dinamiche psicologiche personali ed intra-familiari che conducono rapidamente ed “assecondare” il bambino nella sua insofferenza a portare avanti le posture e gli esercizi facendo fallire inesorabilmente l’opportunità offerta.

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Il terzo sono gli occhiali. Infatti pur essendo lenti di uso “normale” in ottica ed in oftalmologia, la loro azione su certi muscoli oculari direttamente, ed indirettamente su tutto il corpo, è strettamente legata al corretto posizionamento davanti all’occhio. Per questo motivo le lenti non possono essere confezionate che da un ottico che conosce perfettamente l’uso specifico di tale occhiale e deve essere cura, oserei dire maniacale, dei familiari vigilare che la montatura rimanga sempre nella forma e posizione dettata dall’ottico; molti genitori si fanno insegnare a modificare leggermente l’occhiale anche a casa propria. Per questa ragione noi consigliamo un ottico della nostra città, esperto in questo campo. Spesso capita che le famiglie che abitano lontane abbiano un ottico di fiducia al quale non vogliono rinunciare; purtroppo spesso il risultato sono occhiali non efficaci con la conseguenza che tutto il trattamento ne viene inficiato.

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Tutto questo provoca una significativa percentuale di abbandono a vario titolo nei primi mesi di trattamento. Anche per questo motivo si ritiene necessario spesso un mirato supporto psicologico.

Fortunatamente, anche se quanto esposto può sembrare a prima vista complicato, nella pratica è sufficiente un minimo di disponibilità e pazienza per risolvere tutti i problemi.

Comunque i bambini che applicano bene questa terapia hanno una elevata percentuale di miglioramento, a volte così eclatante da sorprendere tutti, a volte in misura minore di quello che sembrerebbe all’inizio del trattamento. Accanto a genitori entusiasti vi sono anche genitori che avrebbero voluto vedere risultati migliori o più veloci.

Lo scopo degli studi che si stanno facendo è proprio questo: capire le vere potenzialità, che sembrano essere notevoli, di questa riabilitazione e mettere a punto un criterio di selezione più chiaro nel tentativo di dare ai genitori risposte più appropriate a quelli che poi saranno i risultati dei loro figli.

D9. Quanto tempo deve durare questa riabilitazione?
R9.

Il tempo necessario affinché si abbia una “riprogrammazione” del sistema e dunque che si possano togliere occhiali e piano inclinato senza determinare un decadimento nella letto-scrittura. Questo percorso è evidentemente variabile da soggetto a soggetto, ma generalmente nel bambino si conclude nell’arco di 2-3 anni.

D10. La logopedia è utile?
R10.

La riabilitazione logopedica è senz'altro utile di per sè ed in special modo in abbinamento a questa terapia.

In generale il trattamento logopedico mira ad assecondare strategie di compenso nel tentativo di superare le difficoltà.

La riabilitazione che noi proponiamo è invece orientata a correggere l'errore propriocettivo che si pensa stia alla base delle difficoltà. Il supporto logopedico è assai utile nel rieducare il bambino ad una lettura normale ed a fargli recuperare velocemente il tempo perduto.

D11. Questo tipo di riabilitazione esclude altri trattamenti?
R11.

Assolutamente no. Il bambino deve continuare il suo percorso terapeutico, qualunque esso sia. Questa riabilitazione non si sostituisce alle altre terapie. Semmai mette in condizione il bambino di avere veramente il massimo vantaggio dai trattamenti che sta facendo.

D12. Perchè si dovrebbe scegliere questo tipo di riabilitazione?
R12.

Uno dei vantaggi di questo trattamento è che non esclude nessun'altra forma di terapia riabilitativa. Quindi il bambino può continuare a fare tutto quello che sta facendo, compresa la logopedia ed eventualmente esercizi di psicomotricità.

Un altro vantaggio è che necessita di un impegno relativamente breve perchè gli esercizi a casa si devono fare per 10 minuti. Se vogliamo, l'impegno maggiore è abituarsi, anche psicologicamente, a lavorare su di un piano inclinato, anche a scuola.

Un altro vantaggio è che non vi sono controindicazioni nè effetti collaterali. Nella peggiore delle ipotesi non produce risultati favorevoli ed è per questa eventualità che normalmente si dice di provare per 6-8 mesi, trascorsi i quali senza risultati si può abbandonare questa riabilitazione.

D13. Perchè non è giusto lasciare il bambino nella sua condizione, senza forzarlo a cambiare?
R13.

Il bambino dislessico sta molto male. Il bambino dislessico sta molto peggio di quello che fa vedere o di quello che spesso la madre vuole vedere. Il bambino dislessico, spesso, accetta il suo profondo disagio solo nella convinzione che questo sia il modo per avere tutte le attenzioni della madre (e spesso ha proprio ragione!!).

La dislessia non è un dono ma è una situazione che crea profondo disagio e malessere nel bambino e verso la quale la medicina non ha ancora trovato un rimedio sicuramente valido. Quello che viene proposto (logopedia, trattamento psicologico, terapia riabilitativa propriocettiva, ecc) sicuramente può migliorare la condizione di questi bambini, specie se attuati in sinergia. La condizione del dislessico può essere migliorata anche in modo importante.

Perchè dunque lasciare questi bambini nella loro sofferenza.

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